Luce pulsata e laser: come funzionano e quali sono le differenze? È possibile praticarli a casa?
Facciamo chiarezza su luce pulsata e laser. Ecco come si usano e perché non sono la stessa cosa.
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Facciamo chiarezza su luce pulsata e laser. Ecco come si usano e perché non sono la stessa cosa.
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Per capire a fondo come funzionano le più recenti ed efficaci tecniche e i migliori dispositivi di epilazione – laser e luce pulsata – è necessario introdurre il concetto di Fototermolisi Selettiva. È proprio su questo principio che entrambe le metodologie fondano i rispettivi meccanismi che, diversamente dalla più classica ceretta, sono volti non alla semplice rimozione dei peli, bensì alla loro scomparsa permanente o definitiva.
Una teoria esposta da Anderson e Parrish nel 1983 e che, citata testualmente, riporta: “brevi impulsi di radiazioni ottiche assorbite selettivamente possono provocare danni selettivi a strutture pigmentate, cellule e organuli in vivo”. Nella pratica, questo si traduce in una serie di impulsi luminosi che vanno a colpire in maniera selettiva il pelo, riconoscendolo dalla sua pigmentazione.
La selettività che sta alla base di tale procedimento è resa possibile dai cosiddetti cromofori, ossia quei gruppi di atomi che determinano la colorazione di una sostanza. Bersagliando il cromoforo con un’energia di adeguata intensità e per un lasso di tempo idoneo al trattamento di quella particolare sostanza, se ne provoca il surriscaldamento e, di conseguenza, una serie di effetti a esso legati.
Poiché ogni superficie ha caratteristiche fisiche e chimiche differenti, i parametri di utilizzo di questa tecnologia variano in base all’uso che se ne deve fare e allo scopo di tale uso. Quando destinata alla rimozione della peluria – che si tratti di laser o luce pulsata – dev’essere pertanto calibrata su precise impostazioni, idonee allo scopo. Lo stesso discorso vale per qualsiasi altro settore di applicazione.
La fototermolisi selettiva non trova impiego solo nel campo dell’epilazione. Sono molteplici gli utilizzi a cui si presta, sia in ambito estetico che in ambito chirurgico. Dalla rimozione di tatuaggi e cicatrici alla cura di vere e proprie patologie, questo principio risponde positivamente a molteplici finalità; un enorme passo avanti in quella che definiamo comunemente microchirurgia.
Laser e luce pulsata condividono quindi il medesimo presupposto, fondandosi entrambi sulla fototermolisi selettiva. Le due tecniche possono pertanto apparire simili ma, esaminandole più da vicino, rivelano una serie di sostanziali differenze: la prima, e senza dubbio più importante, risiede nella diversa fonte di luce utilizzata. Vediamo dunque, nello specifico, di cosa si tratta.
Ciò che caratterizza il laser e che lo differenzia dalla luce pulsata è l’impiego d’una luce selettiva a una sola lunghezza d’onda. Tale luce, calibrata appositamente per il trattamento di epilazione, colpisce uno a uno tutti i peli dell’area da trattare: il raggio laser mira direttamente alla melanina del pelo, raggiungendo il follicolo in fase attiva ed esercitandovi la sua azione. Il calore che ne deriva va a devitalizzare il pelo e previene la futura ricrescita. Il laser si concentra quindi in modo specifico su un solo e unico obiettivo e su esso agisce senza coinvolgere nessun’altra superficie.
Secondo la American Society for Aesthetic Plastic Surgery, nel 2016 i trattamenti laser sono rientrati nei primi cinque posti fra le procedure non chirurgiche eseguite negli Stati Uniti. Ciò ne conferma l’assoluta efficacia e la fiducia che il grande pubblico ripone nella fotoepilazione.
Sebbene i numeri parlino chiaro, inserendo l’impiego del laser fra i metodi di epilazione più usati al mondo, il dibattito sugli effettivi risultati cui può dar luogo rimane aperto: a distanza di anni, è ancora difficile stabilire con certezza se la perdita dei peli in seguito a un ciclo di sedute sia davvero permanente. Secondo un articolo del Journal of The American Academy of Dermatology i risultati sarebbero a favore di questa tesi. L’osservazione di un paziente che aveva subito un trattamento laser 19 anni prima, ha confermato come il risultato finale sia tuttora apprezzabile. In particolare, tale studio ribadisce l’efficacia del metodo quando ripetuto più volte sulla medesima area; a seguito di una singola sessione, la percentuale di peli eliminati in modo permanente sarebbe invece più ridotta.
Diversamente dal laser, la luce pulsata si avvale d’un fascio di luce multispettro non selettivo. Ciò significa che, per ogni impulso emesso dall’epilatore, tale fascio andrà a colpire qualsiasi superficie si trovi di fronte, a una lunghezza d’onda che rientri fra 490 e 1180 nanometri, senza mirare a un target preciso. Questo consente di trattare larghe porzioni di pelle molto più velocemente, poiché si tratta di un fascio esteso e non di un singolo raggio.
Se, da una parte, la luce pulsata offre il vantaggio di essere meno fastidiosa, dall’altra i risultati tendono ad apparire più blandi rispetto a quelli garantiti da un trattamento laser.
Come sancito da numerosi e approfonditi studi sull’impiego delle nuove tecniche di rimozione dei peli, la fotoepilazione – entro cui collochiamo i trattamenti laser e a luce pulsata – risulta particolarmente efficace, in special modo quando utilizzata nella maniera corretta. A tal proposito, la letteratura scientifica è concorde nel confermare il valore di entrambe le tecniche, a patto che siano applicate con le dovute misure.
Che si tratti di laser o luce pulsata, perché il processo della fototermolisi selettiva abbia effetti positivi è indispensabile che il pelo si trovi nella cosiddetta fase anagen, ossia di crescita. Poiché ogni pelo segue un ciclo vitale a sé, con una seduta si andranno a colpire esclusivamente i peli in crescita in quel particolare momento, lasciando sostanzialmente intatti tutti gli altri. Per questo motivo la completa rimozione della peluria avverrà solo dopo svariate sessioni di fotoepilazione, in cui, di volta in volta, si colpirà ogni pelo in fase anagen.
A detta degli esperti, le sedute mediamente necessarie per ottenere risultati d’un certo spessore vanno dalle 6 alle 8: solo a questo punto sarà possibile constatare una completa e visibile rimozione della totalità dei peli. Chiaramente, il numero può variare da persona a persona, in base al fototipo, allo spessore dei peli, all’età e a fattori ormonali strettamente individuali.
Le variabili che possono influenzare i tempi e il risultato finale d’un trattamento di fotoepilazione sono diverse. In primo luogo è bene ricordare come, parlando di questioni tricologiche, l’età sia un fattore determinante: le differenti fasi della vita implicano cambiamenti decisivi nell’attività ormonale umana, in particolare quando si parla di donne.
Momenti come la menopausa e la pubertà, ad esempio, possono influire in maniera negativa sulla buona riuscita del trattamento, poiché legata a doppio filo alla stabilizzazione degli ormoni. In particolare, affidarsi alla fotoepilazione prima che il ciclo mestruale sia regolarizzato potrebbe rivelarsi inutile o quantomeno poco efficace. Allo stesso modo, per quanto riguarda gli uomini, è fortemente sconsigliato ricorrervi prima del compimento dei 18 anni.
A questo proposito, sarebbe opportuno valutare tecniche di epilazione alternative. La ceretta rappresenta un’ottima soluzione, così come l’impiego dei sempre efficaci epilatori elettrici.
Un discorso simile va fatto per la fotoepilazione in gravidanza: l’elevato numero di estrogeni, tipico di questo periodo, non solo può determinare la comparsa di peluria laddove in precedenza non ce n’era, ma ne cambia temporaneamente il ciclo vitale. A risentirne è la cosiddetta fase telogen, che segue la crescita del pelo e corrisponde a un periodo di riposo al termine del quale il pelo cadrà spontaneamente. L’attività ormonale indotta dalla gestazione ritarda tale fase, impedendone la caduta e provocandone un deciso ispessimento.
Inoltre, uno studio pubblicato dall’ International Journal of Women’s Dermatology ha ben evidenziato l’insufficienza di dati riguardo a un utilizzo sicuro dell’epilazione laser in gravidanza. Per questo motivo, seppur la fotoepilazione sia generalmente considerata innocua, medici ed estetisti concordano nello sconsigliarne l’uso a scopo preventivo.
Specie in un periodo così delicato, è auspicabile sostituire la fotoepilazione con una metodologia quanto più delicata e naturale possibile come, per citarne una, il cosidddetto sugaring
Il cromoforo responsabile della pigmentazione di pelle e peli è la cosiddetta melanina. Da essa dipende gran parte del successo di un trattamento di fotoepilazione: più è alta la sua concentrazione all’interno del pelo, più le sedute di laser e luce pulsata risulteranno efficaci. L’impulso luminoso va infatti a colpire i pigmenti più scuri, agendo su di essi con maggior intensità e preservando i tessuti circostanti. La melanina assorbe lunghezze d’onda comprese fra 600 e 1100 nanometri ed è esattamente su questi valori che agiscono i dispositivi per la fotoepilazione.
Per questo motivo, affinché un trattamento di laser o luce pulsata abbia successo, è auspicabile che vi sia una netta o quantomeno pronunciata differenza cromatica fra pelle e peli. Il candidato migliore per questo genere di epilazione presenta dunque un fototipo molto chiaro e peli quanto più scuri possibile. È anche vero che la fototermolisi selettiva si è dimostrata efficace su un’ampia varietà di colori e combinazioni, non necessariamente così in contrasto.
In ogni caso, per semplificare il trattamento, è sempre bene non sottoporsi a sessioni di fotoepilazione con una pelle abbronzata o qualora si avesse intenzione di esporsi al sole. È pertanto consigliato iniziare il ciclo di trattamenti in autunno o a ridosso della stagione invernale.
L’unico vero limite della fotoepilazione rimangono i peli bianchi e biondi che, essendo molto poveri o completamente privi di melanina, non riescono ad assorbire la luce e restano quindi immuni alla sua azione riscaldante.
Vuoi approfondire? Leggi La luce pulsata a casa. È davvero efficace? Ha delle controindicazioni?
Per quanto riguarda i peli rossi, rimuoverli con il laser – e in particolare il laser alessandrite – risulta sicuramente più semplice che farlo attraverso la luce pulsata. Si tratta dunque di un’operazione da affidare alle mani di un medico o estetista particolarmente capace, che sappia programmare al meglio ogni sessione.
L’uso di laser e luce pulsata su fototipi scuri, dal IV al VI della scala Fitzpatrick, è generalmente sconsigliato, poiché comporta un maggior rischio di reazioni avverse. Ai primi posti fra le potenziali conseguenze di un uso improprio della fotoepilazione troviamo: depigmentazione, croste, edemi, vesciche e, di conseguenza, cicatrici. La letteratura scientifica ha ampiamente documentato il fenomeno.
Trattare pelli brune è comunque possibile, in particolare utilizzando il laser Nd:YAG, che risulta particolarmente efficace sui fototipi IV-VI.
Per comprendere fino in fondo in che modo agisce la fotoepilazione, vale la pena di analizzare da vicino la struttura e il ciclo vitale del pelo. Si tratta appunto di fattori strettamente connessi al buon funzionamento della fototermolisi selettiva, poiché solo se trattati nei modi e tempi giusti determinano l’effettiva riuscita dell’epilazione.
Il pelo nella sua interezza costituisce la cosiddetta unità pilosebacea. Questa è a sua volta formata da: fusto, follicolo pilifero, ghiandola sebacea e muscolo erettore del pelo. Le unità pilosebacee sono distribuite su tutta la superficie del corpo, fatta eccezione per le superfici palmari e plantari.
La crescita del pelo avviene a ciclo continuo e va suddivisa in tre fasi:
- Fase anagen: la fase di crescita. È in questo intervallo di tempo che laser e luce pulsata risultano efficaci.
- Fase catagen: fase di transizione.
- Fase telogen: la fase conclusiva del ciclo del pelo. Si tratta di un periodo di “riposo” in cui il pelo, anche se non più vitale, rimane attaccato al corpo. Al termine di tale periodo, il pelo cade naturalmente.
Esiste infine una quarta fase, intermedia, detta Kenogen. Questa non riguarda direttamente il pelo, bensì il follicolo che, a seguito della caduta del pelo stesso, vive un periodo di riposo, prima di dare inizio a un nuovo ciclo vitale.
Abbiamo precedentemente spiegato come laser e luce pulsata lavorino in maniera differente, pur sfruttando il medesimo principio della fototermolisi selettiva.
Nel linguaggio comune si sente spesso il termine epilazione laser fatta in casa per indicare in maniera indiscriminata tutti i dispositivi di fotoepilazione comunemente venduti al grande pubblico. Ciò dimostra quanta poca informazione ci sia a riguardo, contribuendo a creare confusione o false aspettative in chi decide di affidarsi a questa tecnica. È pertanto necessario chiarire una volta per tutte la questione.
Di fatto, parlare di laser a uso domestico è completamente sbagliato poiché, fra le due tecniche di fotoepilazione, solo la luce pulsata risulta idonea a tale impiego. Detto questo, vediamo nel dettaglio i motivi di tale disparità.
A differenza dalla luce pulsata quindi, il laser non può essere utilizzato in maniera autonoma. In primo luogo, è bene specificare come il valore di un buon apparecchio per l’epilazione laser raggiunga senza fatica alcune decine di migliaia di euro; il suo acquisto per impiego domestico risulterebbe dunque poco conveniente e comporterebbe spese di gran lunga superiori a svariati cicli di trattamenti presso un centro professionale.
Ma perché le donne inseguono la perfezione di una pelle morbida e levigata? Qui scoprirai tutti i motivi di questa tendenza e qualche interessante novità sulla nostra percezione del corpo.
Passando agli aspetti tecnici, i tipi di laser comunemente utilizzati per il trattamento dei peli superflui sono 3:
Anche se i parametri per il loro impiego variano considerevolmente da modello a modello, in tutti e tre i casi sono necessarie svariate sessioni per ottenere risultati soddisfacenti.
Un autorevole studio condotto sui vari tipi di fotoepilazione ha verificato come laser diodo e alessandrite si siano rivelati egualmente efficaci su pelli chiare o mediamente chiare, laddove il laser Nd:yag ha prodotto risultati meno soddisfacenti; si è tuttavia dimostrato assai valido nel trattamento delle carnagioni più scure, con esiti finali comparabili a quelli delle altre due tipologie. Il laser Nd:yag risulta quindi il più idoneo all’uso sui fototipi IV e V della scala Fitzpatrick.
Proprio per la complessità intrinseca in questo genere di apparecchiature, è necessario rivolgersi a centri professionali specializzati.
Come riporta il British Journal of Dermatology, lo studio comparato fra laser e luce pulsata evidenzia come, seppur entrambi si rivelino efficaci nella rimozione permanente della peluria, il laser garantisca risultati migliori. Nello specifico, in tutti e due i casi si riscontra una significativa diminuzione dei peli: osservando i risultati 12 mesi dopo l’ultimo trattamento, il laser diodo si assesta su una media del 69,2% contro il 52,7% della luce pulsata. Contestualmente, non si riscontrano significativi effetti collaterali né in uno né nell’altro caso.
La complessità del laser ne suggerisce un uso esclusivamente professionale, a differenza della luce pulsata che, con i dovuti accorgimenti e a una potenza opportunamente ridotta, può essere impiegata anche in ambito domestico. Pur non garantendo gli stessi risultati ottenibili nei centri specializzati, gli epilatori a luce pulsata in commercio possono sortire effetti molto soddisfacenti a costi tutto sommato contenuti.
Poiché la fotoepilazione agisce sul pigmento, il candidato ideale a un trattamento a luce pulsata ha pelle chiara e peli scuri, meglio se spessi. Il metodo si dimostra pertanto inefficace su peluria bianca ed estremamente chiara. Lo stesso vale per peli rossi e carnagioni scure (IV e V su scala Fitzpatrick), che si possono invece trattare con determinate tipologie di laser.
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